Nelle sentenza dello scorso aprile 2023 (causa C-348/22), la Corte di giustizia UE è stata chiamata nuovamente ad occuparsi del rinnovo automatico delle concessioni balneari italiane, dal Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) Puglia nell’ambito di una controversia fra l’Autorità italiana della concorrenza (AGCM) ed il Comune pugliese di Ginosa.

La controversia ha tratto origine da una delibera comunale che annunciava il rinnovo automatico delle concessioni balneari esistenti nel Comune in questione fino al 2033. Di fronte al parere motivato dell’AGCM la quale riteneva che il rinnovo in questione fosse contrario in particolare all’art.12 delle Direttiva 2006/123 in materia di liberalizzazione dei servizi nel mercato interno, il Comune di Ginosa resisteva nel giudizio promosso dall’AGCM davanti al TAR Puglia.

Nell’ambito di tale giudizio, il TAR formulava una serie di quesiti pregiudiziali alla Corte di giustizia che hanno portato quest’ultima a fornire alcuni chiarimenti sulla portata della direttiva e sull’obbligo di garantire delle gare trasparenti evitando il rinnovo automatico delle concessioni esistenti.

Come noto, la materia è frutto in Italia di una normativa composita che in sostanza tende a perpetuare lo sfruttamento economico del litorale demaniale a favore di soggetti che ottengono il rinnovo automatico della concessione di sfruttamento dello stesso da molte decine di anni. A seguito dell’adozione di tale normativa nazionale contraria alla Direttiva, la Commissione Europea aveva aperto una procedura di infrazione ne confronti dell’Italia archiviata poi nel 2012 a seguito della assicurazioni da parte delle Autorità italiane di conformarsi al diritto dell’Unione.

In sintesi, la Direttiva (art. 12) prevede, per quanto qui rileva, che qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali, gli Stati membri applichino una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza. Posto che la concessione (autorizzazione nel linguaggio generico della Direttiva) venga rilasciata una durata limitata adeguata, la Direttiva vieta la procedura di rinnovo automatico o favori al soggetto uscente. La Direttiva prevede che, nello stabilire le regole della procedura di selezione, vengano presi in considerazione la salute pubblica ed obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione dell’ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di altri motivi imperativi d’interesse generale conformi al diritto comunitario.

Nel rispondere ai quesiti del giudice nazionale la Corte ha avuto modo di precisare che la Direttiva si applica anche a situazioni di puro diritto interno senza che venga richiesto se la concessione in questione presenti un elemento di transnazionalitĂ  (sentenza, punto 41).

La Corte ha poi confermato in sostanza quanto già osservato in una precedente sentenza del 2016 (Causa C-458/14) ossia che nell’applicazione della Direttiva, venga rispettata una certa elasticità nella misura in cui il citato articolo 12 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che la scarsità delle risorse naturali e delle concessioni disponibili, sia valutata combinando un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e un approccio caso per caso a livello locale, basato su un’analisi del territorio costiero del comune in questione.

La Corte ha quindi fugato i dubbi sull’invalidità della procedura di adozione delle Direttiva a livello UE osservando che l’adozione della medesima con la maggioranza qualificata e non con l’unanimità è conforme alla natura della Direttiva servizi che si pone come obbiettivo il miglioramento della qualità dei servizi relativi ad attività non salariate resi sul mercato interno della UE.

La Corte ha quindi affrontato il punto essenziale all’origine della questione pregiudiziale, ossia se le disposizioni del citato articolo 12 della Direttiva che prevedono, da un lato, l’obbligo di una procedura di gara aperta e trasparente per l’assegnazione delle concessioni e, dall’altro, il divieto del rinnovo automatico delle medesima siano direttamente applicabili all’interno degli Stati membri in quanto sufficientemente precise ed incondizionate.

La Corte, in linea con la propria consolidata giurisprudenza, ha concluso che le disposizioni in questione sono direttamente applicabili all’interno degli Stati membri e che le stesse non ammettono il rinnovo automatico delle concessioni. Il fatto che la Direttiva offra alle autorità nazionali una certa elasticità nella sua modalità di attuazione, non comporta infatti che le sue pertinenti disposizioni perdano la loro caratteristica di essere direttamente applicabili all’interno degli Stati membri. Di conseguenza, le disposizioni in questione che vietano il rinnovo automatico delle concessioni, devono essere osservate non solo dai giudici, ma anche dalle autorità pubbliche che sono tenute a rispettare appunto l’art. 12 della Direttiva come interpretato dalla Corte UE.